La Storia

I. Le origini del Soggiorno S. Antonio

II "Soggiorno S. Antonio" ha sede in un fabbricato della Confraternita di S. Eufemia martire. Detta Congrega laicale esisteva fin dal 1483. "Infatti in tale data, il re di Napoli Ferdinando I d'Aragona pigliava in prestito dalla Cassa della Confraternita 11 once di carlini d'argento, per la guerra contro i pirati che avevano saccheggiato Otranto" (da "Chiese e Monasteri di Sorrento", pag. 165).

Con atto notar Giovanni Nicola de Nicola del 22—4—1562 il fabbricato con l'annessa Chiesa ed il giardino vicino veniva ceduto in uso ai Padri Conventuali allo scopo di provvedere all'assistenza religiosa della popolazione del luogo a condizione che, se i frati fossero venuti meno agli impegni presi, la Chiesa, il fabbricato ed il giardino sarebbero tornati alla Confraternita, alla quale, nel 1615, si aggregava quella di S. Pietro apostolo.

I Padri Conventuali miglioravano, ingrandivano il vecchio fabbricato e lo trasformavano in un funzionale convento, restaurando anche la Chiesa, dedicandola, in particolare modo, al culto di S. Antonio da Padova.

Nel 1806, con la soppressione del convento da parte di Giuseppe Napoleone, re di Napoli, i Padri Conventuali lasciavano il fabbricato e la Chiesa che, diventata rettoria, veniva affidata ad un sacerdote per la continuazione del culto e per la cura della Congrega, denominata non più di S. Eufemia ma di S. Pietro apostolo.

Nel 1877, detta Congrega, dopo aver reclamato e riottenuto dal Comune l'ex convento ed il giardino adiacente, cedeva il fabbricato al sac. Carmelo Calogero per l'istituzione di una casa di lavoro per fanciulle orfane ed appartenenti a famiglie povere. Ma detta istituzione poteva realizzarsi solo per breve tempo, per mancanza di mezzi finanziari, ed i locali, perciò, rientravano in piena disponibilità della Confraternita.

Con atto notar Nicola Stiffa del 23—10—1883, parte dell'abolito convento veniva dato al Cav. Francesco Saverio Gargiulo per la fondazione di un istituto educativo che raccogliesse "giovinette orfane di bassa condizione, sia a sistema di convitto, sia esterno" per dare loro formazione religiosa ed un'adeguata preparazione al lavoro.

La suddetta opera a favore delle fanciulle orfane non sembrava più necessaria quando aveva già incremento per il medesimo fine il Conservatorio della Pietà e quando, a maggior ragione, nel 1877, grazie ai buoni uffizi del valente magistrato, cav. Francesco Saverio Gargiulo, gloria di Sorrento, era stato ripristinato il Conservatorio educativo di S. Maria delle Grazie (trasformato per due secoli in monastero) al benefico scopo, come ricovero ed istruzione delle "donzelle povere di Sorrento e del suo Piano", voluto, nel 1566, dalla patrizia sorrentina Bernardina Donnorso, vedova del Cav. Giovanni Marino Anfora.

Con atto del predetto notaio del 15—10—1886 la Confraternita di S. Pietro trasferiva l'uso dell'ex convento a Mons. Giuseppe Giustiniani, arcivescovo di Sorrento, che lo destinava a "0spizio dei vecchi poveri di ambo i sessi, inabili al lavoro" ed, infine, con atto del 29—4—1889, sempre per notar Nicola Stiffa, la predetta Confraternita concedeva a Mons. Giustiniani in enfiteusi perpetua, per il canone annuo di lire 25, parte del fabbricato allo scopo di trasformarlo ed utilizzarlo per un'istituzione che accogliesse persone anziane povere. In corrispettivo della rinunzia del canone l'Ospizio dovrà mandare una rappresentanza di dodici poveri vestiti dell'abito dell'Istituto a seguire il feretro degli aggregati alla Confraternita, che morissero nel corso dell'anno; come pure se alcuno di essi cadesse in miseria eguale a quella dei ricoverati, egli dovrà essere a preferenza accolto nell'Ospizio".

Nel 1889 il fabbricato era costituito da pochi ambienti, umidi e pericolanti e, contro difficoltà ed ostacoli, l'arcivescovo doveva lottare per farlo ripristinare, ingrandire e renderlo funzionale. La cittadinanza, infatti, non si rendeva conto dell'importanza e dell'utilità dell'Ospizio, specie nei riguardi dell'accattonaggio, che allora infestava anche la nostra cittadina ed offriva uno spettacolo poco edificante ai numerosi forestieri che venivano a visitare Sorrento.

Era lo stesso arcivescovo che, nel 1889, chiamava nel "suo Ospizio" le suore "Serve dei poveri" del palermitano P. Giacomo Cusmano per affidare loro le numerose persone anziane, bisognose di essere assistite nel corpo e nell'anima.

Lo stesso Monsignore, con atto notar Luigi Cariello del 5—1 1908, acquistava dal Sig. Nicola Savarese il fondo rustico, con annessa casa colonica — per complessivi mq. 887 — adiacente il fabbricato avuto in enflteusi dalla Congrega e, quindi, previa autorizzazione della stessa, con atto notar L. Cariello del 21—6— 1915, donava all'Ospizio sia i locali dell'ex convento sia il fondo rustico acquistato dal Savarese. Ed infine, con atto notar L. Cariello del 21—4—1917, lo stesso arcivescovo donava alla sua prediletta istituzione il dominio diretto su un altro fondo rustico in Sorrento, località Pantano, e cartella del Prestito Nazionale Consolidato per una rendita annua di lire 255,50.

Dette donazioni venivano fatte da Mons. Giustiniani allo scopo precipuo di costituire la dotazione necessaria per l'erezione in Ente Morale dell'opera da lui fon ata; ma egli non poteva vedere completata l'opera perché il Signore preferiva chiamarlo presso di sé il 30—6—1917.

Universale fu il compianto dei sorrentini e si trepidò per le sorti della Casa dei poveri.

Ma il successore, Mons. Paolo Iacuzio, già prima di raggiungere la nuova sede arcivescovile, s'informava con paterna premura ed interesse delle condizioni dell'Ospizio di S. Antonio e prometteva di curarne le sorti e dare ad esse incremento.

Infatti, dopo aver preso possesso dell'archidiocesi di Sorrento, nel febbraio del 1918, Mons. Paolo Iacuzio non tardava a portare a compimento con ammirevole sollecitudine la pratica, già iniziata dal suo predecessore, della costituzione dell'Ospizio in Ente Morale, allo scopo di meglio assicurarne e garantirne l'avvenire.

La "Casa di S. Antonio" veniva eretta in Ente Morale con amministrazione autonoma il 9—6—1918 con D.L. n. 848, reg. alla Corte dei Conti il 24 dello stesso mese e pubblicato sulla G.U. n. 153 del 3—7—1918, con la finalità di poter ricoverare vecchi e poveri di ambo i sessi, inabili al lavoro.

Lo stesso arcivescovo, Mons. P. Iacuzio, volle degnarsi di assumere la presidenza del Consiglio di Amministrazione e, quindi, accettava le donazioni fatte dal suo predecessore, con atto notar S. Montefusco del 20—6—1919.

L'Ente veniva dotato di uno Statuto organico, approvato con R.D. del 13—7—1921 n. 1084, su proposta del ministro dell'Interno, registrato alla Corte dei Conti il 4—8—1922 e pubblicato sulla G.U. del 19-8-1922 n. 195.

Il consiglio di Amministrazione, ancora oggi, ai sensi dell'art. 1 del citato R.D. è composto dal Presidente, nella persona dell'arcivescovo pro—tempore di Sorrento e da quattro membri, nominati rispettivamente due dall'arcivescovo e due dal Consiglio Comunale della città di Sorrento.

Con delibera n. 5 del 30—3— 1972 regolarmente approvata dagli organi di controllo, l'antica e superata denominazione "Mendicicomio" veniva sostituita con quella di "Soggiorno S. Antonio'.

L'ospitalità in esso è riservata, oggi, a persone di ambo i sessi, anche coniugi, che non hanno alcuna possibilità di vivere nell'ambiente familiare.

Possono essere accolte in esso persone autosufficienti, ma non di rado, l'Amministrazione non si è sentita di rifiutare malati cronici che non trovano sistemazione nelle strutture pubbliche. Attualmente parecchi sono i ricoverati che avrebbero bisogno di trovare accoglienza in un ospedale per cronici e ciò crea talvolta, a torto, nella pubblica opinione, una valutazione negativa per la istituzione e uno stato di disagio delle persone autosufficienti ospitate. Il "Soggiorno" è un'istituzione che si proponeva e si propone l'attuazione del precetto evangelico della carità e, perciò, col Decreto n. 12340 del 28—7—1981 della Giunta Regionale della Campania, è stato escluso, come richiesto dall'Amministrazione, dal trasferimento al Comune, secondo la legge regionale n. 65 dell'Il—11—1980 (Modalità di trasferimento ai Comuni singoli o associati delle funzioni dei beni e del personale delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza).

II. Le suore "Serve dei poveri"

L'attività assistenziale del "Soggiorno" è gestita prevalentemente, sin dal 1889, dalle suore appartenenti alla Congregazione "Boccone del povero", ordine fondato a Palermo nel 1880 dal sacerdote Giacomo Cusmano, dottore in medicina, proclamato Beato il 30—10—1983 da S.S. Giovanni Paolo II. Il Beato "era diventato medico per curare i poveri dalla indifferenza dei ricchi e questi dall'indifferenza verso i poveri" e, per essere un vero padre dei poveri, diventava sacerdote e fondava (1868) l'Associazione del "Boccone del povero" per poter avere come collaboratori persone capaci di amare e di servire i poveri nel nome di Cristo, per donare loro "il loro boccone".

Oggi, a distanza di cento anni, sono più di cinquecento le Serve dei poveri che, in Italia, in America ed in Africa, sull'esempio del fondatore, operano, pregano e soffrono per servire i bisognosi, coloro che, senza famiglia cercano conforto morale e materiale.

Un quadernetto—diario, datato 31—7—1889, scritto da una suora prescelta per la "impresa di carità oltremare", riporta i nomi della superiora Maria Pasqualina Lauriano e di altre sette sorelle e descrive il lungo e movimentato viaggio di esse da Palermo a Napoli ed a Sorrento "nel continente italiano". "Dopo sì lungo viaggio per mare e per terra, dopo tanti combattimenti e trionfi riportati sul proprio cuore, nel lasciare il patrio suolo e con esso i parenti e le compagne di religione, dopo esserci esposte a tutti gli incerti avvenimenti terrestri e marittimi di un viaggio sotto un nuovo cielo e in una incognita terra, il vedere la gente dei nostri voti, i poverelli che noi già amavamo prima di conoscerli, queste belle immagini di Gesù, riaccese gli affetti dei cuori nostri, rianimò la nostra fede e con riverente ossequio li salutammo e con affettuosa confidenza appressandoci offrimmo loro la nostra servitù..."

I "poveri" di Sorrento con il parroco D. Carlo Coppola accolsero le suore nella Chiesa di S. Lucia e poi "in bell'ordine si procedette alla vicina Casa di S. Antonio". Più avanti, sempre nel quadernetto—diario, si trova descritto il primo incontro delle suore con l’Arcivescovo Mons. Giustiniani... il quale ci accolse con affetto veramente paterno e con tanto gaudio che reputavasi ad onore d'averci pel primo chiamati a servire i Poveri nel Continente. Poi cominciò a parlare con tal sentimento di carità della nostra missione che parea avesse voluto lasciar la crocetta e la mitra per farsi bocconista, tanto vero che non potendo, per disposizioni più alte, tradurre questo pensiero in fatto, lo fece cogli affetti dicendo: che essendo noi le Serve dei Poveri, Egli si costituiva sin d'allora nostro vero servo".

Con la venuta delle suore e grazie alla loro abnegazione e fervida attività l'Ospizio di S. Antonio iniziava la sua vita rigogliosa. La missione delle Serve dei poveri non consisteva, allora, soltanto nella gestione della Casa ma esse si prestavano umilmente come infermiere, come assistenti per i moribondi, come confortatrici dei familiari dei defunti durante le veglie funebri, come questuanti a favore dei loro assistiti; esse, infatti, istituirono la colletta mensile e la visita quotidiana agli alberghi, dove raccoglievano tutti gli avanzi delle cucine, ciò che in quei tempi rappresentava una importantissima risorsa.

Alla prima superiora dell'Ospizio Suor Pasqualina Lauriano succedevano Suor Luigia Sanfilippo, diventata poi Madre generale dell'Ordine, suor Cecilia Vanni, suor Giacomina Patti, nipote del fondatore Giacomo Cusmano e, durante i primi anni del governo episcopale di Mons. P. Iacuzio, suor Adele De Gregorio.

Suor Adele De Gregorio, già Madre generale dell'Ordine, tornava all'Ospizio di Sorrento, dove già aveva prestato la sua valida collaborazione per circa trent'anni in qualità di semplice sorella, per continuare a prodigarsi con fervore per l'incremento "della Casa di S. Antonio", per cui ad essa e all'esaltazione della sua "angelica bontà di cuore" ed alla sua "attività generosa e benefica" si rivolgeva in un discorso il dott. Giacomo Gargiulo, il 12—2—1928, in occasione della benedizione dei nuovi locali e della inaugurazione della lapide alla "benemerita umile serva dei poveri".

Suor Adele "sollecitando offerte di privati e qualche sussidio governativo" riusciva a far costruire due refettori per vecchi uomini e per donne, una meno angusta cucina, un piccolo salotto di ricevimento, a far rinnovare "la conduttura dell'acqua di tutto l'edificio, fornendolo di due ampi cisternoni, a far ripavimentare tutti gli ambienti della Casa, dotandoli di un ottimo impianto a riscaldamento centrale e di un modernissimo bagno" e, dopo un anno, sempre grazie alle offerte di generosi Benefattori, si dava inizio alla "costruzione di una nuova ala del fabbricato, per allogare nel piano inferiore una sala di disimpegno ed un'altra per guardaroba, ed al piano superiore il dormitorio per le suore che fino allora erano costrette a riposare sbandate qua e là in ambienti umidi e ristretti".

Nel 1930, Suor Adele vedeva ancora realizzato un progetto da tempo vagheggiato, la costruzione di una infermeria per uomini, a cui sovrasta una "bellissima terrazza da cui si gode l'incomparabile panorama della nostra città e dell'incantevole golfo di Napoli".

Alla morte di Suor Adele, la Madre generale riaffidava i.l governo dell'Ospizio a suor Cecilia Vanni, che continuava l'opera della predecessora nell'arricchire la Casa di altre importanti opere (nuovi ambienti presso il dormitorio delle donne, una nuova conduttura che portava ai serbatoi dell'Ospizio acqua sorgiva dall'alto del colle di S. Antonio, la costruzione di una nuova infermeria per le vecchiette).

Il suddetto dott. Giacomo Gargiulo in un altro suo discorso pronunziato in occasione del cinquantenario del Soggiorno (sett. 1939) faceva cenno ai tanti poveri che sono stati accolti in esso "dove cuori di sorelle li hanno confortati e sorretti e come angioli di Dio li hanno assistiti fino all'ultimo giorno della loro esistenza diventata ormai placida e serena", cuori di sorelle (Madri Superiore e semplici Suore) che si sono avvicendate a "S. Antonio", fino ai giorni nostri, che hanno continuato e continuano con abnegazione e sacrificio la loro missione, convinte di ben spendere le loro vite, fiduciose che "il Maestro Divino soltanto potrà loro donare l'agognata ricompensa".

III. Spirito di caritàdei benefattori

Dopo aver ricordato, in precedenza, l'opera del fondatore dell'Ospizio S. Antonio Mons. Giustiniani, il vescovo dal "cuore d'oro", alla memoria del quale si "rendeva la apoteosi più bella" quando, dopo avergli preparato un monumento nella Chiesa di S. Antonio, solennemente, il 19—12—1925, "il popolo tutto dell'Archidiocesi di Sorrento "vi trasportava gli avanzi del Pastore dei poveri" (dalla "Riviera" del 13—12—1925) e dopo aver ricordato il suo degno successore, Mons. Paolo Iacuzio, meritano di essere ricordati gli arcivescovi che si sono succeduti nella nostra diocesi fino ai giorni nostri e che hanno avuto sempre a cuore le sorti del "Soggiorno", il parroco di Sorrento D. Carlo Coppola che, al tempo di Mons. Giustiniani, contribuiva con sommo zelo a far migliorare l'assistenza degli ospiti della Casa, i Cappellani che si sono succeduti nel tempo, dal Can. Ruggiero al Can. Trapani a Mons. Gallo e a Don Stefano Ferraro...

Meritano di non essere dimenticati il Priore ed i confratelli di S. Eufemia e di S. Pietro Apostolo che, nel 1899, concedevano parte del fabbricato, come detto avanti, a Mons. Giustiniani.

L'Ente, dopo la costituzione in Opera Pia, accrebbe il suo patrimonio con elargizioni di persone che chiedevano di essere 0spitate nella Casa di riposo, dove potevano trovare un clima di calore umano e di conforto per la presenza continua e per l'assistenza benevola di un cappellano e delle suore.

Si citano alcune donazioni di personè assistite:

  1. D'Apreda Enrico: atto notar L. Cariello del 13—1—1916;
  2. Ponticorvo Crescenzio: atto notar S. Montefusco, 2—12—1939;
  3. La signora Ercolano Teresa, la quale con testamento pubblico del 13—3—1942, notar L. Macarone Palmieri, istituiva erede universale il Mendicicomio S. Antonio, al quale faceva obbligo, fra l'altro, dei seguenti legati di culto: a) al "Capitolo metropolitano di Sorrento l'orto e la casa rurale in contrada Cesarano, perché con la rendita netta da ogni spesa e tassa si celebrino Messe in suffragio dell'anima mia e della mia famiglia", b) "lire 500 annue per maritaggio in favore di donzella povera ed onesta di Sorrento, su designazione del parroco;" c) provvedere alla manutenzione della cappella gentilizia nel Cimitero di Sorrento, con obblighi di culto".
  4. La signora Garganico Luigia, atto L. Macarone Palmieri del 23—3—1942, disponeva un legato a favore del Mendicicomio con l'obbligo di "provvedere alla celebrazione di una Messa all'anno in suffragio della testatrice".
  5. L'ingegnere Felice Gargiulo legava una cospicua somma a favore della Casa di Riposo.

I lavori di ampliamento, di ristrutturazione e di manutenzione della Casa e l'assistenza degli ospiti si potevano effettuare e migliorare, sin dai tempi di Mons. Giustiniani e della superiora De Gregorio, anche per l'ammirevole generosità di altri diversi benefattori, tra i quali si ricordano: il miliardario William Astor che contribuiva all'acquisto del fondo rustico, attiguo al Soggiorno; il Cav. Onorato Fiorentino che forniva più volte i pezzi d' opera necessari e spesso inviava, a sue spese, gli operai per metterli in opera; il Sig. Floro De Gregorio (fratello della Superiora) che forniva un "magnifico" pavimento per il nuovo dormitorio delle suore; il Cav. Silvio Salvatore Gargiulo che, in memoria del diletto suo genitore, faceva costruire i due nuovi refettori, uno per gli anziani maschi ed uno per le vecchiette e le suore; la Signora Carmela Gallone che, in memoria del defunto padre Pasquale, donava un pavimento per il dormitorio delle anziane ospitate e, frequentemente, interveniva con soccorso di denaro per l’assistenza dei ricoverati; i fratelli Iaccarino che, oltre a fornire un pavimento, accorrevano solleciti e con generosità ogni qualvolta l'Ospizio richiedeva la loro opera; il Sig. De Rosa che, reduce dall'America, faceva costruire a sue spese, al tempo della superiora De Gregorio, una cucina più ampia in sostituzione di quella angusta e poco areata, in cui le suore trovavano molta difficoltà per preparare il vitto quotidiano.

Ancora molti altri benefattori si sono prestati con magnanimità negli anni passati a favore degli anziani del Soggiorno ed ancora oggi non mancano sorrentini generosi (ma, purtroppo sempre meno numerosi) che si ricordano dei vecchietti, specie in determinate circostanze, inviando loro vivande e dolcetti...

Ad assistere gli ospiti del Soggiorno non bastano più le suore, solo cinque, a cui è affidato l'economato, la direzione dei reparti e la responsabilità di tutti gli altri servizi che sono affidati a persone qualificate, valide, stipendiate, anche se è frequente, nella vita della Casa, la presenza di personale volontario, appartenente ad organizzazioni a carattere religioso (Azione cattolica, Conferenza di S. Vincenzo, gruppi parrocchiali, ecc.). Quando Suor Adele, dopo che aveva fatto costruire la nuova ala del fabbricato (pag. 16 ) — che costava più di 100.000 lire — vagheggiava il progetto dell'infermeria, per cui occorreva la spesa, non indifferente• allora, di circa 300.000 lire ed aveva a disposizione solo la somma di L. 12.000 elargita dal governo del tempo (1929)..., la Casa di S. Antonio migliorava le sue strutture ed agli anziani ospitati non mancava il necessario...

IV. Piano di recupero del soggiorno

Oggi le strutture della Casa si dimostrano sempre più carenti, l'ammezzato e i due piani sono interrotti da molti scalini che impediscono non poco il movimento degli anziani ospiti, i servizi igienici inadaguati, le camerate poco luminose e non molto capienti, specie se si considera che al 31—12—1981 gli assistiti erano 57, di cui 25 uomini e 32 donne (e per diversi mesi erano ospiti a S. Antonio 8 anziani della Casa di riposo di Eboli, andata distrutta dal terremoto del 23 — 1 1— 1980).

D’altra parte, le esigenze dei ricoverati (attualmente circa 50) giustamente sono aumentate, anche in relazione al fatto che i mezzi per il mantenimento di essi sono offerti e dalle rendite patrimoniali dell'Ente e dal contributo degli stessi anziani, contributo prelevato dalle loro pensioni e, in qualche caso, integrate dai familiari; anche se non di rado qualche ospite è accolto gratuitamente.

Il riconoscimento del Soggiorno come Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza — e, quindi, l'esclusione del trasferimento dello stesso al Comune — priva lo stesso Ente della possibilità di poter, in alcuni casi, usufruire delle provvidenze statali ed inoltre da diversi anni l'esercizio finanziario presenta sempre somme da riscuotere per circa 6.000.000, di cui la maggior parte è costituita dai contributi che alcuni Enti della Città di Sorrento pur tengono iscritti nel bilancio (compreso il Comune, che pur avendo iscritto nel bilancio un contributo annuo di L. 1.700.000 trascura di destinarla al Soggiorno).

Anche le offerte dei cittadini sono venute meno negli ultimi anni, ciò nonostante l'Amministrazione, incoraggiata da S. E. Mons. Antonio Zama, presidente di diritto dell'Ente, ha fatto elaborare un piano di recupero che, grazie all'impegno e alla disponibilità del Sindaco, avv. Antonino Cuomo e di tutti gli altri amministratori, è stato approvato dal Consiglio comunale con delibera del 24-9-1981, n. 43.

Il progetto per la ristrutturazione dell'edificio, realizzato dall'arch. dott. Antonino Fiorentino, prevede quattro piani "con 66 stanze per alloggiare almeno 132 vecchietti... Le stanze per dormire saranno ad un letto e a due letti, qualcuna soltanto a tre letti. Ogni stanza sarà dotata di proprio servizio igienico con doccia a sedere. Ogni piano disporrà di un soggiorno con veduta panoramica... sono previste due sale da pranzo a diversi livelli per consentire una certa privacy anche nel posto riservato a tavola... E previsto, al piano del giardino un ampio salone che, in funzionerà da soggiorno collettivo ma può servire per certe attività ricreative e di incontro, come le riunioni per la visita del Vescovo presidente, per le festività natalizie, e qualche spettacolino di gruppi folcloristici e così via... Molto si è studiata l'assistenza sanitaria. Infatti è stata prevista un'infermeria con sette stanze di degenza, sala di guardia medica, saletta per visite. In questa materia si è previsto un ulteriore possibile sviluppo assistenziale per gli anziani del paese che, facendo centro in questa Casa, possa irradiare l'assistenza domiciliare. Comunque è previsto per gli ospiti un'assistenza sanitaria continua, anche di notte, in modo che il vecchietto possa sentirsi tranquillo se ha un malessere. Oltre questi che sono, diciamo, i locali di rappresentanza e di soggiorno diurno e notturno degli ospiti, sono previsti tutti i servizi collaterali, come direzione, segreteria, lavanderia, cucina, dispense, preparazione, ecc... Fra questi servizi collaterali molta importanza si è data al servizio religioso. Infatti tutti i collegamenti verticali portano alla Chiesa di S. Antonio che trovasi in un livello intermedio fra l'ammezzato e il primo piano... È stata prevista (anche) una rampa pedonale che, dalla strada, senza trovare alcun scalino, con una dolce pendenza dell'8 per cento, porta dall'androne ai singoli piani, non solo, ma, come già detto, ha un pianerottolo al livello della Chiesa in modo da non far mancare il servizio religioso. Come collegamenti verticali, quindi, sono stati previsti: la rampa pedonale, una scala con scalini alti cm. 15, un ascensore normale ed un ascensore montacarichi che consentirà di portare i carrelli con le pietanze calde dalla cucina ai piani".

La spesa preventivata è di L. 3.000.000.000.

Con la vendita di alcuni immobili di proprietà dell'Ente si pensa di poter racimolare L. 1.500.000.000

I lavori di smantellamento di un'ala del vecchio fabbricato già sono stati eseguiti e si spera di poter iniziare al più presto i lavori di ristrutturazione.

Ricordare le origini del Soggiorno S. Antonio e la sua non facile esistenza, ricordare i benefattori avanti indicati non avrebbe alcun senso per noi che viviamo "pigramente" il Cristianesimo se non fosse di stimolo a riconoscere che la vera gioia è causata dalla carità, a considerare ciò che dice anche un proverbio turco: "Reggi la mano di chi cade, poi Dio reggerà la tua".

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